A IVANO PIACEVANO I PARTICOLARI (PT 2)
di MARCO ZAMPIERI
A Ivano piacevano i Pink Floyd. Del resto a tutti lì, al Villaggio dei Pini, piacevano i Pink Floyd. A Ivano piacevano soprattutto quelli di Waters e, ancora di più, quelli di Barrett. Come a tutti lì, al Villaggio dei Pini. Però non glieli ho mai sentiti suonare. Ne l’ho mai visto ascoltarli. Non ne parlava mai. Solo una volta, ad una sagra, credo a Casatenovo, mentre una cover band li suonava, lui alla prima nota della prima canzone aveva riconosciuto titolo, album, anno di uscita, testo e annessi e connessi: “io dei Pink Floyd so tutto, li conosco profondamente!”
A Ivano piacevano i Beatles. Ne parlava tantissimo: della genialità di alcuni passaggi, delle particolarità di molte canzoni.
“Facciamo un pezzo dei Beatles?” gli proposi.
“I Beatles?! Noooo, farli bene è troppo difficile!”
Spesso durante le prove accennava l’attacco di Helter Skelter. A volte gli andavo dietro e un giorno… magia… la suonammo tutta e lui la cantò. Solo quella volta. Disse “l’heavy metal è cominciato qui!”.
Con gli Shine andammo avanti per un po’. Poi un giorno Ivano ci disse: “ci vuole un cantante, proviamo Francesco!”.
Così andammo a Monza con l’autobus e facemmo con Portinari (che era emozionatissimo) una sessione di prove. Suonammo quasi solo canzoni dei Nirvana.
Per Francesco era il primo approccio con un microfono e la tremarella gli faceva brutti scherzi. Non riusciva mai ad azzeccare gli attacchi che immancabilmente o anticipava o aspettava gli piovessero dal cielo. Ivano pazientemente (ma non troppo) gli spiegava come fare finché Francesco trovò una strategia efficace (sevi capita di vederlo cantare, vi accorgerete che fa così anche oggi): tiene il tempo con il piede sinistro e quando deve iniziare a cantare (l’attacco appunto) da un colpo secco in avanti con la testa.
Il giorno dopo a scuola gasatissimo Francesco mi dice: “ho trovato il nome della band, ci chiameremo Gli Eva, come la prima ribelle della storia… e poi Eva è un nome corto e quando si fanno i manifesti, si può scrivere più in grande!”.
Era deciso. Si suonava punk (in stile ’77 però!) e si cantava in italiano. Nessuno di noi sapeva minimamente cosa fosse il punk. Nessuno tranne Ivano che spiegò: “batteria dritta e veloce in quattro quarti, tipo così tun-ta tun-ta tun-ta tuttun-tà. Canzoni corte. Giri di chitarra semplici, ripetitivi… e un inciso. In ogni canzone deve esserci un inciso. Francesco, quando scrivi i testi, devi pensare le cose più scandalose che puoi e ovviamente, devi parlare di lamette, di violenza, di rabbia, di energia…” Così francesco partorì versi indimenticabili come:
…prendi il coltello con la lama a rasoio
impicca la nonna col nodo scorsoio!
Non passava molto e Stefanino perde l’entusiasmo, salta diverse prove, decidiamo di parlarci.
Non ha più molta voglia di suonare e la sua avventura con gli Eva termina qui.
Stefano rimane per Ivano un grande amico. Insieme faranno tantissime cose. Con Francesco nel 1998 realizzano un bellissimo cortometraggio dal titolo “Memorie” (https://www.youtube.com/watch?v=nUkjhdlT3Hs). E alcuni anni dopo andranno a vivere insieme a Monte di Brianza con anche Mimmo e Lorenza. Ma di questo non posso essere io a raccontare.
Da lì a poco avremmo dovuto suonare ad un concerto, in mezzo a un campo, vicino a un bosco: “Walden” è il nome della manifestazione, con un chiarissimo riferimento a Skinner.
Senza bassista come si fa? Ci pensa Ivano! Chiede a suo fratello Paul.
Paul è decisamente più grande ed esperto di noi. Per intenderci, lui all’epoca suonava con Charlie Hill (al secolo Dario Canossi) e Carlo Ravot (che era il mio insegnante di batteria) ed erano reduci da non molto da una tournée in Russia dove avevano avuto un grande successo. Paul avrebbe suonato con noi, io ero emozionatissimo.
Di quel concerto mi ricordo che il palco, se c’era, era rasoterra, non c’erano spie per potersi sentire e dietro di me c’era il generatore di corrente che rombava a 400 megadecibel per poterci dare l’energia necessaria per alimentare l’amplificazione.
Dopo i primi dieci secondi di concerto capii che era inutile cercare di cogliere qualsiasi minima apparenza di suono dagli strumenti dei miei compagni. Non sentivo nulla. Solo l’assordante frastuono del generatore. Era una battaglia tra me e lui. Decisi di suonare a memoria e pensai “gli altri mi verranno dietro! Speriamo che Ivano non decida di improvvisare qualcosa”.
Filò tutto liscio e ricevetti i complimenti da Paul per essermela cavata in quella situazione difficile. È uno dei miei ricordi più cari.
Agli Eva serve un bassista. Arriva quasi subito, per caso. Facciamo una sola selezione a casa di Ivano. Il primo piano della villa dei genitori di Ivano è praticamente una elegante soffitta tutta a sua disposizione. Quello spazio è usato spesso per stare insieme, guardare film, parlare. Qui incontrammo il primo ed unico candidato, un virtuoso bassista sudamericano, che ci scartò perché troppo scarsi.
Poi succede che a una festa privata, non ricordo assolutamente dove, gli Eva si ritrovano con degli strumenti in mano e improvvisano qualcosa. Come per magia un tipo strano ad un certo punto suona il basso con noi. Si tratta di un ragazzo pallido con un testone enorme. Ha un lieve accento napoletano, un bellissimo sorriso e mentre parla ogni tanto fa delle smorfie strizzando gli occhi. Descritto così sembra una specie di mostro, ma non è così. Franzo era (ed è) un gran figo! Ricordo che dopo un concerto al Bloom di Mezzago, stava con una ragazza che lo corteggiava. Mentre mi avvicino ai due, vedo che lui alza il braccio e lei gli annusa l’ascella. Dopodiché la tipa esclama “sei la prima persona che conosco che suda ma non puzza! Anzi, profumi!”. Franzo era bagnato di sudore dalla testa ai piedi e ricordo benissimo il suo odore: puzzava di birra, di birra e sudore!
E così trovammo un nuovo bassista per gli Eva e un nuovo amico.
Franzo aveva i nostri stessi gusti musicali e come noi durante le prove, amava perdersi in lunghe improvvisazioni psichedeliche, ipnotiche, che ci portavano in una specie di trans…
Ivano e Franzo sono le due persone in assoluto con cui mi è piaciuto suonare. Anni dopo, quando Andrea (sassofonista) entrò negli Wonders, mi disse (riferendosi a loro due): “ma tu ti rendi conto con chi stai suonando?!?”. Entrambi avevano un orecchio formidabile. Sapevano ascoltare prima ancora di saper suonare.
Quando Ivano è morto Simona (una amica di scuola) ha commentato su Facebook: “Pazzoide, incontrollabile, ridente e triste. Ce le avevi tutte, Ivano. Spero di rivederti da qualche parte”.
È una sintesi perfetta. Ridente e triste. Anche Franzo è così. Per dirla con Marguerite Yourcenar “Si può essere felici senza mai smettere di essere tristi”.
FIRST STORY
di FRANCESCO PORTINARI
Il mio primo ricordo che ho di Ivano si rifà a quando avevamo circa 5 anni.
Eravamo all’asilo di Usmate, era l’ora del riposino pomeridiano.
Ho un’immagine molto chiara di lui ed io impegnati a far cercare di addormentare sua sorella Emily che piangeva disperatamente e non voleva dormire.
Ci conoscemmo li, in quel momento, 40 anni fà.
Adesso che sapete come e quando lo ho conosciuto, è più facile potervi spiegare come sia difficile per me poter scrivere un ricordo, una memoria o semplicemente un momento che rappresenti quanto Ivano faccia parte di ogni mio respiro.
Da quel lontano pomeriggio, io e Ivano siamo cresciuti insieme, e per “cresciuti” intendo in tutti i significati della parola. Abbiamo avuto la fortuna di abitare nella stessa Via, Via Villaggio dei Pini, a 500 metri uno dall’altro, in mezzo alla campagna.
Da quando Ivano se né andato, ogni sera, prima di potermi addormentare, devo essere in grado di ricordarmi un momento passato con lui, semplicemente perché non posso e non voglio dimenticarmi assolutamente niente di tutto ciò che abbiamo vissuto insieme.
La maggior parte di voi ha conosciuto Ivano quando era già un teenager, ribelle, amante della musica, e anche un bel figo che “cuccava di bestia”.
Ma in realtà, mettiamola cosi, da bambino Ivano era un nerd, o, come si diceva negli anni 80, un “secchione”… e io lo adoravo con tutta la mia anima.
Bene, ora sono pronto a raccontarvi una delle tantissime memorie che ho di Ivano.
Penso avessimo intorno agli 8 anni, era autunno e da bambino odiavo quei mesi: la scuola, i compiti, le giornate corte, la nebbia. L’unica cosa bella, era sapere che alcune ore del pomeriggio le avrei passate con Ivano.
Eravamo in camera sua, molto probabilmente annoiati dalla giornata uggiosa.
Ivano aveva nelle sue mani, come ogni giorno, il “Manuale delle Giovani Marmotte”, la nostra “bibbia”, il nostro riferimento per cosa fare durante i pomeriggi passati insieme.
Come abitudine, Ivano apriva il manuale sulla pagina che aveva letto la sera prima e mi spiegava cosa aveva imparato dalle Giovani Marmotte, per poi usarla come spunto per giocare quel pomeriggio. Poi noi ci aggiungevamo del nostro, ed era li che incominciava il divertimento, quando la nostra fantasia prendeva possesso della situazione.
Quel pomeriggio il manuale ci insegnò come costruire un Forte con le lenzuola, (o qualcosa di simile, che ci ha poi portato all’idea di fare un forte con le lenzuola).
Era perfetto per una giornata autunnale e piovosa in Brianza.
Come sempre Ivano doveva seguire il manuale per filo e per segno, in un modo logico e dettagliato, mentre io dovevo sempre aggiungere la “ciliegina” sulla torta, cercavo sempre di inventarmi qualcosa di un po’ più “pericoloso”.
Ma non illudetevi, anche se lui fosse sempre stato un po’ preoccupato nel rompere le regole, adorava le mie “ciliegine”. Diciamo così, io riuscivo a tirare fuori il diavoletto che c’era in lui.
Iniziammo a costruire il Forte basandosi sulle direzioni del manuale, ma dopo poco tempo realizzammo che il Forte era troppo piccolo per le nostre esigenze.
Mi ricordo che usammo anche le lenzuola di sua sorella Emily, ma per noi la dimensione non era ancora soddisfacente per le nostra fantasia.
Ed ecco che io ho avuto “l’idea pericolosa”.
Ivano era un po’ preoccupato ma molto eccitato allo stesso tempo.
Mi ricordo che gli dissi: < Ivanello, abbiamo bisogno di più lenzuola>
E lui mi rispose: <Si, ok, ma dove le prendiamo?>
Io <lenzuola matrimoniali…>
Ecco, dovete sapere che io e Ivano ci cacciavamo sempre nei guai, e la maggior parte delle volte, alla fine del pomeriggio, quando io ero già tornato a casa, mia mamma riceveva una telefonata dalla Velia, (la mamma di Ivano), che “spiegava” a mia madre cosa Francesco aveva fatto fare ad Ivano… e il castigo era nell’aria.
Sinceramente non mi ricordo se quel pomeriggio mi mamma ha ricevuto “la telefonata”.
Una volta finito il nostro forte ci siamo messi a giocare, immaginandoci che fossimo in una tenda nel deserto durante una tempesta di sabbia.
Mi ricordo che tutto sembrava reale grazie ai dettagli che Ivano aggiungeva, avendo letto qualche libro sulle tempeste di sabbia.
Dopo un po ci siamo stufati, e sempre all’interno del forte abbiamo cominciato a giocare con dei pupazzetti di Guerre Stellari, mentre ascoltavamo una canzone in ripetizione, cantando le parole a squarcia gola. La musica veniva riprodotta dal 45 giri “mangia dischi” di Ivano, di colore rosso. Un dettaglio che mi sono sempre ricordato.
Quella canzone non me la son mai scordata, anzi ne abbiamo parlato e scherzato io e lui negli ultimi periodi.
Prima che scrivessi questa storia, sono quasi impazzito a cercare di farmi tornare in mente il titolo o le parole, mi ricordavo solo che erano papà e figlio che cantavano insieme, e che il coro diceva “Io e te”.
Grazie a internet l’ho ritrovata… “Io e Te” di Jair Rodrigues e Jairzinho, (la potete trovare su YouTube).
Quando l’ho riascolta è stato come tornare indietro nel tempo.
Facendo caso alle parole mi sono reso conto di come in realtà, in quel giorno di autunno, sotto le lenzuola di Emily e dei genitori di Ivano, noi due bambini di 8 anni, cantavamo quelle parole a squarcia gola, senza renderci conto di quanto rappresentassero la nostra incredibile amicizia…
“Come é bello stare insieme noi
Quando ridi sei come me
Io e te, due gocce di pioggia
Io e te, granelli di spiaggia”
“Io e te, un tuffo nell’aria
Io e te, la neve e la paglia
Io e te, di corsa nel parco e giù
Vinci sempre tu, sempre solo tu
Io e te, il vento e la foglia
Io e te, giocare che voglia
Io e te, la barca e il mare blu
Tira su le vele
Ti voglio tanto bene”