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Mettetevi comodi perché spiegare chi era Ivano non è semplice. Certo era un musicista e amava l’arte, ma bisogna intendersi sul livello. Ha lavorato con Dario Fo e Franca Rame. Sapeva la differenza tra i tre Manzoni (… e anche quella tra i tre Morandi!). L’ho visto con i miei occhi commuoversi ascoltando Le fontane di Roma di Ottorino Respighi. Una delle ultime volte che ci siamo visti abbiamo ascoltato la Passacaglia dell’Armida di Lully e mi ha fatto sentire che è contenuta anche in Hit the road, Jack! di Ray Charles. Poi mi ha parlato di quanto fosse amaro il finale di I X Love di Charles Mingus e che tra tutte le versioni di Ionisation preferiva quella diretta da Boulez.

Inutile stare a elencare le centinaia di rock-band che conosceva e di cui interpretava i brani in maniera straordinaria. Per tutta la vita ha suonato: da adolescente negli Eva, punk-band con canzoni in italiano formata con i meravigliosi amici di quegli anni spensierati… Francesco Portinari, Marco Zampieri, Stefano Bonfanti … Tra le canzoni indimenticabili di questa band c’è sicuramente Emilysclerotica. Ivano in quegli anni dimostrava già la sua inventiva e tantissima voglia di divertirsi.

Dopo gli Eva è stata la volta di un’altra band, questa volta di cover punk: gli Wonders, con
Massimo “Mimmo” Colombo alla voce, Francesco “Franzo” Carbone e Edoardo Riva al basso, e il mitico Marco Zampieri alla batteria. Nel repertorio brani di Eddie Cochran (Summertime blues, C’mon Everybody), Adverts (One Chord Wonders), Husker Du… In questa band Ivano ha potuto dare sfogo a tutta l’energia che aveva dentro, cominciando a lavorare con maggior impegno agli arrangiamenti.

Negli anni successivi ha suonato nella folk-band Orchestrina Katerinke, nella rock band Follow Me Linda e negli Zed Negative, formazione post-punk con in repertorio brani dei Pere Ubu, dei Gang of Four e dei Bad Brains: in questa band – con Ivano alla chitarra e alle voci, Massimo “Mimmo” Colombo alla voce, Matteo Conti al basso e Gabriele Gigliotti alla batteria – Ivano ha potuto pienamente dimostrare le sua capacità di arrangiatore, plasmando via via, durante le prove al mitico Silos di Cernusco, i sofisticati brani in scaletta.

Successivamente ha suonato e cantato come frontman negli Ivan Smirnoff and The Bloodymarys, trio con in repertorio brani sceltissimi di rockabilly, beat, surf, e rock’n roll, formato con suo fratello Paul al basso e Simone Riva alla batteria.

Ultimamente mi mandava video di live dei Talking Heads con David Byrne che correva da un lato all’altro del palco fino a grondare di sudore, senza perdere una nota.

La cultura musicale di Ivano era sterminata perché la sua sensibilità musicale era sterminata. E potrei dire lo stesso per cinema, pittura, letteratura (quanto teneva al Guglielmino-Grosser del ‘900!), land art, situazionismo… Negli ultimi anni ha amato i film di Alejandro Inarritu, in particolare Birdman, e ancora più di recente ha apprezzato Yorgos Lanthimos.

Il suo mondo interiore si è sempre e costantemente nutrito d’arte, l’ha sempre cercata, l’ha vissuta, l’ha condivisa e alla fine se la portava addosso come un’aura.

Ha amato le erbe, gli animali, l’informatica, l’astronomia, i satelliti, la meteorologia, i coltelli, le camice decorate, gli stivali, i giubbotti di pelle, i cappelli, i falchi, le macchine spara palle da tennis, i viaggi al mare, le pinete sulla spiaggia, la cucina, le chitarre, e soprattutto… stare con gli amici. Incontrare gli amici. Fare festa, suonare, parlare, stare insieme.

E nel passato, per molti anni, se per caso al mattino ci si telefonava per un caffè, prima di uscire potevo slacciarmi l’orologio e lasciarlo sul tavolo perché quel caffè poteva durare fino al giorno dopo. La quantità di sincere amicizie che Ivano aveva creato negli anni faceva sì che uscendo si incontrasse un amica e poi un amico e poi un altro e poi… “scusa che giorno è!?” Non si tratta di un iperbole. E nemmeno di una manciata di episodi. Con Ivano il tempo scorreva in modo diverso. Sempre. Perché era difficile trovare qualcosa di preferibile alla sua compagnia. Lo si poteva attendere a lungo: ne è sempre valsa la pena.

E’ inutile girarci intorno: si è trattato di una personalità straordinaria, che ha impiegato parte delle proprie energie per sembrare normale.

Il numero di persone che lo ama sinceramente è così grande che in questo momento non è difficile immaginare il cupo territorio di Montevecchia percorso da un silenzioso reticolo di lampi di dolore e rabbia e incredulità.